Il racconto dei racconti
- Gian Maria
- 15 mar 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Lo Cunto de li Cunti di Giambattista Basile (1566-1632) è la prima raccolta di fiabe popolari pubblicata in Europa. Lo si considera il capostipite della letteratura per l'infanzia, genere già educativo e oggi per lo più - come tutto il resto - di intrattenimento. Laddove però, specificamente nel caso dei bambini che tutto hanno da imparare, anche l'intrattenimento è una forma di educazione. Nel senso che monkey see, monkey do.
Nel Secondo diario minimo, Umberto Eco racconta l'episodio di cronaca di due bambini sbocconcellati vivi da un orso nello zoo di Central Park, dopo che avevano deciso di divertirsi e nuotare un po' con lui, o lei che fosse. E avanza l'ipotesi che la causa di questo incidente sia un "eccesso di educazione": mentre prima nelle favole c'era il lupo cattivo, o il bestiario moralizzato stile Esopo, la nostra coscienza sporca ha fatto sì che all'animale moralmente pericoloso si sostituissero schiere di animaloni e animaletti bendisposti, amichevoli, bonaccioni. Tanto da confondere le idee a qualcuno e indurlo a pensare che, in fin dei conti, una nuotata insieme agli orsi potesse essere un'esperienza piacevole.
Ora, in questi giorni abbiamo ricevuto una commissione per la scrittura di due storie per due sorelle. Tra le altre cose che ne caratterizzano l'indole, gli interessi, le attitudini e i gusti, le bambine non hanno un buon rapporto con i cani, li temono. Non si sa perché, non hanno avuto nessun trauma legato ai cani. In ogni caso, troverei scorretto cercare di inculcargli che i cani sono animali sempre buoni, che non fanno male a una mosca. Credo invece che debbano capire che i cani non sono creature ontologicamente cattive ma che sempre animali sono e che perciò occorre avvicinarli con prudenza, soprattutto se non sono accompagnati dal padrone. Invece ogni libro di bambini che apro è zeppo di cani giocherelloni, orsi e orsetti compagnoni, saggi leoni, elefanti da far mettere a letto... Mi sembra un approccio agli animali fortemente diseducativo, dovrò e dovremo rifletterci.
Raccontare ai bambini, proprio perché si tratta di loro, di esseri in via formazione, è anche una grande responsabilità. Può esserlo. Soprattutto se il racconto o la favola devono dire qualcosa a quel bambino o a quella bambina in particolare. La mia sensazione è che raccontare ai bambini equivale a raccontare il mondo - il racconto dei racconti! -e anche se nessuno di noi può evitare di metterci del suo, è buono e saggio avere coscienza dei bottoni che si vanno a premere. Perché i bambini le cose poi se le ricordano. E finisce che le applicano.
Per approfondimenti:
- Biblioteca della letteratura italiana (molti libri classici anche per l'infanzia in belle edizioni Einaudi, scaricabili gratis)
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